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Keith Haring | Il creatore dei radiant boys: un mondo di omini dai colori sgargianti


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Mi è sempre più chiaro che l’arte non è un’attività elitaria riservata all’apprezzamento di pochi: l’arte è per tutti e questo è il fine a cui voglio lavorare | Keith Haring

In una New York ricca di Pop Art e di esperienze ai limiti della legalità, dove arte estrema e promiscuità sono le parole chiave, prende vita un mondo immaginario fatto di figure, senza sesso e dai colori sgargianti: è l’immaginario di Keith Haring, artista statunitense conosciuto in tutto il mondo per la sua arte popolare e rivolta a tutti.

Nato nel 1958 Haring ha da sempre conosciuto il mondo del fumetto, complice il padre che lavorava come grafico per una grande azienda e che ha sempre incentivato il figlio a sviluppare le sue capacità artistiche. Personaggi nati dalle matite di Walt Disney e Dr. Seuss, con i loro contorni neri e i colori accesi hanno avuto una grande influenza nei disegni di Haring, tanto da diventare un tratto distintivo della sua produzione.

 

La visita al Museo di Hirshhorn di Washington DC è stata fondamentale: lì ha conosciuto il maestro della Pop Art, Andy Warhol, confermando ancora una volta quale sarebbe stata la sua strada da lì in avanti. Nel 1978 ha aperto la sua prima personale e l’anno successivo si è trasferito a New York e ha stretto amicizia con Jean-Michel Basquiat, importantissimo artista del panorama pop americano. Il trasferimento a New York è stato fondamentale per la sua arte, portandolo a lavorare su qualsiasi superficie libera trovata lungo il cammino. Le sue figure sono presto di dominio pubblico, complice anche la sua idea secondo cui l’arte deve essere per tutti, tanto che nel 1986 ha fondato il Pop Shop, un negozio di gadget e magliette con sue opere stampate.

In quegli anni a New York aleggiava anche uno spettro pericoloso, quello dell’AIDS. La situazione è delicata e nonostante molti usino precauzioni considerate sicure, non lo sono mai al 100%. Haring scopre di essere positivo proprio in questi anni ma nonostante la malattia lo debiliterà ogni giorno di più non smetterà di disegnare e dare vita ai suoi personaggi. Un anno prima di morire, nel 1989, ha fondato la Keith Haring Foundation che, grazie ai fondi provenienti dalla vendita delle sue opere e dal Pop Shop, sostiene tuttora le organizzazioni a favore dei bambini e della lotta contro l’AIDS.

Io lavoro con concetti, idee, immagini universali ma non con archetipi o stereotipi. Io lavoro su cose che appartengono all’esperienza comune, alla conoscenza di tutti. Le mie immagini non vengono dall’inconscio ma solo dall’informazione visiva, e sono più istintive che interiori. Ma sopratutto sono dell’esperienza comune | Keith Haring

I personaggi bizzarri e bidimensionali che popolano il mondo di Haring sono cani, angeli, mostri, piramidi, PC, televisori, mostri e bambini, conosciuti come radiant boys. Hanno colori decisi e forti e sono contornati da una spessa linea nera, occupano qualsiasi superficie libera nella metropoli di New York e a partire dal 1985, sotto consiglio di Warhol, anche le tele. Ognuna di queste figure nasconde un messaggio, spesso legato a temi caldi tipici dei suoi anni come il capitalismo, il razzismo, l’ingiustizia sociale, l’AIDS o la droga. Crack is wack (1986) vuole essere una denuncia di una delle piaghe sociali americane più sentite, l’uso del crack, mentre Rebel with many causes (1989) utilizza la celebre metafora “non vedo, non sento, non parlo”, rappresentata qui da tre radiant boys, per denunciare coloro che non vogliono trattare tematiche scomode come l’AIDS o i diritti umani.

 

L’ultimo murale che ha realizzato è Tuttomondo, situato nella parete posteriore del convento dei Frati Servi a Maria, vicino alla chiesa di Sant’Antonio Abate a Pisa. Tutto è nato da una sfida che uno studente italiano in trasferta negli USA, Piergiorgio Castellani, aveva lanciato all’artista newyorkese, che ha scelto l’Italia anche come via d’uscita per allontanarsi dall’opprimente mercato americano che stava assorbendo tutte le sue energie. Il risultato è un murale di notevoli dimensioni (lungo 10 m e alto 18 m) in cui trenta persone si toccano e interagiscono creando l’energia generatrice del mondo. L’amore e la condivisione che traspaiono da questi radiant boys è universale e riconoscibile da tutti, come lo è l’arte di Keith Haring.

 

Haring è stato in grado di creare una popular art che abbatte le barriere tra arte di alto livello e quella di basso livello, un’arte capace di arrivare al cuore di tutti attraverso colori semplici e linee decise. Ha liberalizzato le forme d’arte pubbliche, fatte sui muri delle metropolitane e su quelli delle città, diventando così virale da aver avuto la possibilità di proiettare in loop per un mese sullo schermo di Times Square un video di 30 secondi in cui mostra l’esecuzione dei suoi dipinti. La stessa Madonna, sua cara amica, ha dedicato la prima tappa del suo Blood ambition world tour all’amico scomparso, raccogliendo un’importante somma di denaro da dare in beneficenza per la lotta contro l’AIDS.

 


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