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Arte e Femminismo | Sei artiste che (forse) ancora non conosci


Solo di recente il sistema dell’arte ha iniziato a prendere in considerazione in maniera più consistente le artiste e ad affrontare tematiche importanti come il gender gap e la discriminazione delle donne nell’arte. Il processo è stato avviato – e senza dubbio qualcosa si muove – ma c’è ancora tanta strada da fare.

Attivismo, lotta per il riconoscimento dell’identità e per i diritti delle donne, coscienza dei corpi e autodeterminazione: oggi vogliamo parlare di artiste che hanno dedicato una vita intera all’arte come strumento di denuncia e di lotta o che all’interno della loro produzione hanno affrontato tematiche sociali e politiche che toccano in prima linea le donne, raccontando le loro storie attraverso curiosità, avvenimenti e opere significative.


1 | Ana Mendieta

 

Con la sua arte trasforma rabbia, repressione, paura e dolore in potenti riflessioni su genere, identità e appartenenza. Al centro della ricerca di Ana Mendieta c’è senza dubbio il corpo, inteso sia come oggetto che come soggetto della sua produzione. L’artista lo utilizza per esplorare il mondo e le sue forme, alla costante ricerca di una connessione con l’universo. Land art e body art si alternano in quella che è stata una carriera breve ma densa di elementi e significati: nelle opere di Ana Mendieta la natura ha un ruolo fondamentale e spesso diviene protagonista – come ad esempio nella serie Sanwomen – e attraverso il proprio corpo indaga la questione di genere e le forme del corpo – come nel caso di Untitled (Facial Hair Transplants) e Untitled (Glass on Body Imprints), 1972.

 

Ana Mendieta, Untitled (Glass on Body Imprints – Face), 1972 | Fonte WikiArt


2 | Betty Tompkins

 

Ignorata dalla critica e dal primo movimento femminista l’arte di Betty Tompkins è esplicita e senza filtri. All’interno della sua prima produzione troviamo i famosi Fuck Paintings, dipinti, disegni e collage realizzati a partire da materiale pornografico in cui l’artista si focalizza su particolari e visioni ravvicinate, sul sesso e sulla sua natura. A partire dal 2002 inizia a lavorare sulla serie Women Words, un lavoro in continua evoluzione in cui l’artista indaga le parole e le forme del linguaggio troppo spesso rivolto alle donne, realizzando migliaia di opere in cui la parola è protagonista e si appropria dello spazio occupato dai corpi delle donne raffigurate nell’arte del passato – la Gioconda, la Grande Odalisca, ecc. – divenendo soggetto parlante, in tutta la sua violenza.

 

Artiste femministe

Betty Tompkins, Women Words – Apologia (Artemisia Gentileschi #4), 2018


3 | Barbara Kruger

 

Untitled (Your body is a battleground) – Durante le proteste contro la legislazione anti-aborto del 1989 il manifesto di Barbara Kruger campeggia sui muri di Washington e urla uno slogan che di lì a poco diventerà icona dell’arte schierata a favore dei diritti civili. I temi affrontati durante la sua vita sono tantissimi ma la donna è al centro di tutta la produzione artistica della Kruger: con i suoi manifesti l’artista statunitense decostruisce e attacca frontalmente l’idea della bellezza femminile stereotipata, le consuetudini figlie della società patriarcale, le forme di violenza manifeste e sottese.

 

artiste femministe

Barbara Kruger, Untitled (Your body is a battleground), 1989


4 | Martha Rosler

 

Martha Rosler è un’artista multidisciplinare; il suo lavoro si concentra sulla sfera pubblica e sociale, con particolare attenzione alla condizione della donna. In Semiotics of the kitchen (1975), la Rosler inscena la parodia di una classica dimostrazione di cucina e, brandendo coltelli e altri utensili seguendo l’ordine delle lettere dell’alfabeto, urla la frustrazione e la rabbia delle donne costrette a ruoli opprimenti e costruiti dalla società.



5 | Tomaso Binga

 

Tomaso Binga sfida i limiti tra maschile e femminile, evidenziandone le differenze attraverso l’ironia. Pseudonimo di Bianca Menna, fin dai primi anni ’70 l’artista mette in discussione il privilegio maschile nel mondo dell’arte e si distingue come artista multidisciplinare e figura di spicco della poesia verbo-visiva. “In arte – afferma la Menna – sesso, età, nazionalità non dovrebbero essere delle discriminanti. L’artista non è un uomo o una donna ma una PERSONA. Il mio alter ego, Tomaso, è un richiamo diretto a Filippo Tommaso Marinetti (con una sola “m” per caduta di una costola) e a una stagione dell’arte italiana quanto mai viva e vivace” (Flash Art, intervista a cura di Cristiana Perrella).

 

artiste femministe

Tomaso Binga e Bianca Menna, Oggi Spose, 1977 – ©Archivio Binga Menna


6 | Marcella Campagnano

 

Attraverso la fotografia Marcella Campagnano decostruisce il canone femminile disegnato dalla società patriarcale in una continua ricerca e affermazione dell’identità. Nel 1974 inizia a lavorare su L’invenzione del Femminile: Ruoli (1974-80), un progetto fotografico interamente dedicato ai ruoli imposti alle donne nel quotidiano realizzato grazie alla partecipazione di decine di sue amiche che posarono in quello che l’artista definisce un vero e proprio “teatro dell’esperienza”.



Le fotografie incluse nell’articolo e nel video hanno il solo scopo di accompagnare la narrazione e sono state utilizzate nei limiti concessi dal diritto di cronaca e divulgazione. Per qualsiasi segnalazione scrivi a info@zirartmag.com

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