A Bologna, negli spazi di GALLLERIAPIÙ, prende vita la retrospettiva dedicata alle opere di Concetto Pozzati realizzate tra il 2015 e il 2016. La mostra monografica, intitolata Vulv’are, è la prima curata dall’Archivio Concetto Pozzati (nato nel 2020 per tutelare e promuovere la produzione e il pensiero critico dell’artista) in collaborazione con la galleria ed è interamente incentrata sul ciclo Vulvare, realizzato dall’artista pochi anni prima di spegnersi e rimasto inedito fino ad ora.
Il percorso di visita è integrato da uno scritto di Pozzati: “Il pittore, se non guarda più, immagina ‘vulvando’, sogna pur con la pupilla spalancata perché ha paura che il sogno svanisca addormentandosi. Tutto surreale, tutto disegnato, segnato, toccato, accarezzato… Tutto non visto ma incontrato, il fantasma è già arrivato. Non si rappresenta ‘vulvando’, ma è il segno che ha il suo odore e si fa sempre vulva presentativa, sempre differente, occhio che schiude torpori e calori”.
È una particolarità tutta dell’artista quella di accompagnare le opere da apparati poetici e narrativi. L’intero ciclo è un omaggio a uno dei capolavori della storia dell’arte moderna più cari a Concetto Pozzati: L’origine du monde, di Gustave Courbet. Sappiamo che di tale opera, l’artista tiene appesa una riproduzione fedele alla parete di legno dove solitamente lavora, istaurando così un rimando continuo tra passato e presente.
La mostra Vulv’are inaugura il 9 ottobre e sarà possibile visitarla fino al 18 dicembre. Il percorso di visita è affiancato dalle parole del graphic designer Gabriele Colia, che realizza, esclusivamente per la mostra, una serie di manifesti. Essi, formati da segni e parole, veicolano il linguaggio di Pozzati, instaurando un dialogo serrato con le opere. Inoltre, un approfondimento critico, con testi di Stefano Delfiore e Laura Rositani, aiuta l’osservatore nella comprensione della delicata poetica di Pozzati.
Appena varcata la soglia di GALLERIAPIU, il visitatore si trova immerso, quasi brutalmente, in un universo fatto di simboli: troneggia su tutti l’immagine della vulva, fiera e assoluta protagonista della scena. Accanto a lei, lucchetti, occhi e altre icone. Quello dell’artista è un invito a vedere con una vista diversa, attraverso terzo occhio più intimo e spirituale, ciò che si ha davanti.
Le tele della serie Vulvare, nonostante siano le ultime realizzate da Pozzati, rimandano al periodo pop degli anni Settanta: su sfondi rosa si schiudono le enormi vulve colorate, come fiori sbocciati o frutti maturi. Le vulve, seppur più o meno realistiche, rimandano a una delle immagini più classiche associate all’organo genitale femminile: ricordano delle mastodontiche ostriche che, aprendosi, rivelano all’osservatore il prezioso contenuto. L’ultimo scritto dell’artista si conclude con queste parole, che ben riassumono la sua poetica: “Lei, quella cosa, la si pratica con la pittura e la carnosità della pittura stessa si fa vulva del desiderio, perdendosi nell’abisso rosa e tiepido. Magari avvicinandosi e perdendosi a ‘L’origine del mondo’ del 1866”.
Concetto Pozzati nasce a Vò, un piccolo centro in provincia di Padova, il 1 dicembre del 1935. La sua è una famiglia di artisti: il padre Mario è un cartellonista pubblicitario emigrato negli anni Venti in Argentina per cercare lavoro, amico di De Pisis, De Chirico, Carrà, Guidi, Licini e Morandi.
Dopo la morte del padre, che lascia un vuoto incolmabile nel giovanissimo Concetto, decide di trasferirsi a Bologna alla fine degli anni Cinquanta, dove si diploma all’Istituto statale d’arte. È così che, all’improvviso, esplode la sua vena artistica, rimasta latente negli anni dell’adolescenza. Sono gli anni in cui il clima artistico a Bologna è dominato dall’Informale ed è proprio a questa corrente che si rifanno le prime produzioni dell’artista, come si denota dalla serie di Teste, cariche di una potente tensione drammatica.
Gradualmente, negli anni a venire, la pittura di Pozzati prende le distanze dal linguaggio informale, cercando una via per emanciparsi. È in questo periodo che inizia a prediligere al caos caratteristico delle tele precedenti, un segno sempre più chiaro e definito. L’apice della popolarità arriva nel 1964, quando, a soli 28 anni, l’artista partecipa alla XXXII Biennale di Venezia; quella in questione si rivela una Biennale storica, poiché segna l’esordio della Pop Art americana in Italia. È proprio in questi anni che l’arte di Pozzati si avvicina sempre di più alla poetica pop, nella definizione dello spazio e nell’impaginazione degli oggetti, che diventano icone della modernità.
Il linguaggio artistico di Pozzati è in continuo mutamento, mai uguale a sé stesso: parte dall’Informale per approdare invece a ricerche e sperimentazioni molto vicine all’ambiente surrealista. Vulvare è l’ultimo regalo dell’artista, il quale, anche pochi giorni prima della morte, continua a progettare mostre e nuovi lavori, scrive e incontra amici e artisti. Pozzati si spegne il 7 agosto del 2017, nella sua casa di Bologna, a 82 anni.
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